OLIO

Olio d’altura

Vino e olio. Se ci facciamo caso è un binomio che incontriamo sempre più spesso.

Magari perché l’azienda che produce uno dei nostri vini preferiti è anche produttore di olio extravergine di oliva o più semplicemente perché da appassionati di enogastronomia poniamo sempre maggiore attenzione ai prodotti che portiamo a tavola o che utilizziamo in cucina.

Frequentando eventi, fiere e ristoranti ho avuto modo di entrare a contatto con il mondo dell’olio extravergine e guidata dalla mia indole curiosa ho cercato di capirne di più. Infatti, ogni volta che ho avuto la possibilità di partecipare a qualche workshop/degustazione non mi sono mai lasciata scappare l’occasione di mettere alla prova i miei sensi e di ascoltare con attenzione quello che il produttore o l’esperto di turno raccontava. Informazioni frammentate, piccole pillole, delle gocce nel mare come direbbero gli animi più poetici.

Questo fino alla collaborazione con un’azienda che produce olio extravergine di qualità.

Gianni Adamo è il giovane titolare dell’Antico Frantoio di Perna e con il suo aiuto ho iniziato a conoscere più approfonditamente questo settore provando a comprendere aspetti che fino a quel momento mi erano sempre apparsi poco chiari.

Gianni è della mia stessa città, Potenza, e ha studiato a Roma dove ha vissuto per anni intraprendendo una strada completamente diversa rispetto a quella che vive oggi. Poi, nel 2011, si è presentata l’occasione di prendere in mano le redini dell’azienda fondata nel 1968 da nonno Battista a Campomaggiore e non ha avuto dubbi, è tornato in Basilicata per dedicarsi all’olio portando una ventata di novità e ampliando la gamma dei prodotti che oggi sono conosciuti ben oltre i confini nazionali.

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Gianni Adamo

 

Approfitto ancora una volta della sua disponibilità e con lui proviamo a capire qualcosa di più dell’olio evo.

Partiamo dal principio: come si riconosce un olio extravergine di qualità?

L’aspetto principale, prima di arrivare a cimentarsi nella degustazione, è capire quando un olio si definisce extravergine.

L’olio di oliva si definisce extravergine in base a due analisi, una chimica ed una organolettica. Quella chimica si esegue in laboratorio e permette di misurare l’acidità espressa in acido oleico (su 100 gr di prodotto) che deve essere sempre inferiore o uguale a 0,8. L’analisi organolettica, invece, viene eseguita attraverso un panel test e valuta tre elementi: il fruttato, l’amaro e il piccante oltre alla totale assenza di difetti.

 

Comprendere queste informazioni può esserci molto utile nella quotidianità quando, cioè, di fronte ad un olio proviamo a capire se si tratta di un prodotto di qualità o meno.

 

Ma cosa significa esattamente? Andiamo con ordine. Il Fruttato è il profumo dell’olio, può essere verde o maturo espresso in una scala di valori che va da 1 a 9 e grazie al quale possiamo classificarlo come delicato, medio e intenso considerando questo valore non come un punteggio riferito alla qualità ma come mera espressione della sensazione organolettica. Con il riferimento di questa scala avremo un olio delicato con valore espresso da 1 a 3, medio con un valore maggiore di 3 fino a 6 ed intenso con un valore maggiore di 6 fino al massimo di 9. All’interno di queste categorie è possibile trovare tantissimi sentori, proprio come avviene nel vino. Quali possono essere? L’erba tagliata, il pomodoro (rosso o verde), la foglia di pomodoro, la mela verde, i sentori vegetali, il carciofo, ecc..

I sentori dipendono principalmente dalla cultivar, la varietà dell’oliva, e dall’ambiente pedoclimatico in cui la pianta cresce. Un olio evo fatto ad esempio con varietà Nocellara (tipica della Calabria e della Sicilia) avrà dei sentori più agrumati, le varietà toscane hanno un sentore di pomodoro più spiccato mentre la Coratina, tipica della Puglia, di carciofo e pomodoro verde. Consideriamo che la stragrande maggioranza (circa il 70%) degli oli extravergine che abbiamo in Italia fanno parte della categoria fruttato medio.

Una volta evidenziata l’assenza di difetti, in cui tra i più comuni troviamo l’avvinato (aceto), il rancido, il riscaldo (vernice fresca) e la muffa, si passa al vero e proprio assaggio per valutare amaro e piccante.

L’assaggio dell’olio si effettua con la tecnica dello strippaggio: un piccolo sorso di olio, si chiude la bocca e si fa entrare aria attraverso i denti in modo da ossigenare e vaporizzare l’olio in tutto il cavo orale. In questo modo si percepiscono l’amaro (in fondo alla lingua) e il piccante (che pervade tutto il palato). Anche in questo caso abbiamo una scala di valori che valutano sempre l’intensità e non il punteggio. A questo punto si vanno ad elencare quelli che sono i sentori gusto-olfattivi che ritornano in bocca e che, come per il profumo, possono essere tantissimi. Step finale: la complessità, che possiamo paragonare all’armonia nel vino.

Dobbiamo però fare attenzione perché non per forza la percezione meno evidente di amaro e piccante indica un olio non di qualità. Questo aspetto infatti dipende sempre dalla cultivar, pensiamo alla dop del Garda oppure alla Taggiasca, oli delicatissimi ma di altissima qualità.

Avete mai visto i bicchieri in cui si degusta l’olio? Sono ampolline scure, generalmente blu, in cui non si vede il colore e questo perché nell’olio non si valuta il colore, anzi, in degustazione si nasconde perché può essere fuorviante nella valutazione e portarci fuori strada.

E il pane? Spesso capita di degustare l’olio su piccoli crostini di pane, è corretto? A livello tecnico per quanto detto prima ovviamente no però per consentire soprattutto ai neofiti una assaggio semplificato si può utilizzare il pane. Un gusto conosciuto da tutti ci permette di sentire al meglio le sensazioni gustative del prodotto, soprattutto quando si degustano oli molto intensi che se assaggiati “al naturale” potrebbero risultare non facili e portarci a valutazioni errate.

Dopo questa panoramica sulla degustazione chiedo a Gianni qualche informazione sulla olivicoltura in Italia ed a questo proposito gli chiedo:

“quante cultivar abbiamo nel nostro paese?”

In Italia abbiamo più di 500 cultivar diverse, ci basti pensare che il secondo paese al mondo è la Spagna che ne ha censite circa 60, non solo, l’Italia è anche il maggior produttore di macchinari per la produzione di olio, attrezzature che vengono esportate in tutto il mondo.

Fin qui abbiamo parlato di olio extravergine e quindi prodotti con una acidità inferiore a 0,8 ma cosa succede all’olio che non rientra in questo valore? Un olio con acidità totale superiore a 0,8 e fino a 2 è classificato come olio “vergine”, è un olio commestibile ed è facile trovarlo presso la grande distribuzione. Quando questo valore supera 2 viene classificato come “lampante”, non è commestibile ed è in buona sostanza l’olio per le lampade.

A proposito di questo sapete che la Puglia è stata un grande produttore di olio lampante e che questo olio ha illuminato nel passato le lampade di tutta Europa?

Gli ulivi dell’Antico Frantoio di Perna si trovano nel cuore delle Dolomiti lucane, tant’è vero che l’olio prodotto dall’azienda può fregiarsi della connotazione di olio d’altura che è un olio prodotto in montagna con caratteristiche territoriali e microclimatiche molto particolari e molto diverse da quelle tipiche per la coltivazione dell’ulivo (bassa collina). Abbiamo alcuni uliveti d’altura in Umbria, Toscana, Veneto e Campania. Si tratta per lo più di piante secolari, cambia il sistema di produzione e l’epoca di maturazione (tardiva rispetto alle coltivazioni sul livello del mare), sono uliveti scomodi perché scoscesi ma portano grandi vantaggi sulla produzione perché la forte escursione termica permette di concentrare maggiormente i profumi. Infatti il freddo fa sì che i polifenoli si conservino meglio e le malattie siano più rare. Pensiamo alla mosca, quando in pianura la presenza di questo insetto fa una vera e propria strage compromettendo talvolta l’intero raccolto, in altura non trova l’habitat ideale e quando questo accade si è ormai arrivati a fine novembre quando la campagna di raccolta è terminata.

Tra le novità più interessanti portate da Gianni in azienda c’è stata la creazione di un packaging molto particolare, un orcio di ceramica realizzato e dipinto a mano da un artigiano lucano che ha vinto anche diversi premi, ma come è nata questa idea?

Le motivazioni sono state due, in primo luogo la necessità di “vestire l’olio di un abito degno della sua storia”, trovando ispirazione nelle antiche anfore della Magna Grecia.

In secondo luogo per avvicinare i giovani all’acquisto dell’olio, visto che solitamente chi acquista o comunque pone maggiore attenzione alla scelta dell’olio extravergine di qualità sono i consumatori più adulti. Una scelta che si è rivelata vincente visto che spesso le giovani coppie scelgono queste bottiglie come bomboniere di nozze.

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Un’azienda dinamica ed aperta alle novità quindi, ma cosa c’è in serbo per il futuro? A breve alla ricetta classica del 1968 con le cultivar Majatica e Justa e all’olio Bio verranno affiancate le selezioni monocultivar che andranno ad arricchire l’offerta per gli appassionati ed i ristoranti gourmet sempre alla ricerca di oli da abbinare alle diverse preparazioni.

“C’è un luogo in Basilicata dove visse un grande sogno, un borgo che il conte Rendina, nel 1741, trasformò in una città dell’utopia.
Un mondo ideale di libertà e giustizia drammaticamente distrutto da una frana. Oggi quel sogno rivive nel nostro oro verde.”

www.frantoiodiperna.it

 

L’articolo è disponibile anche sull’e-magazine “The Wine Team”

 

 

 

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